venerdì 8 novembre 2013

Per fortuna noi qui abbiamo La Fede!

La Fede vive qui a Stoccolma e fa la ragazza alla pari. Lei abita con la famiglia per cui lavora e si prende cura dei loro due bambini. Oltre a questo cucina, pulisce e studia lo svedese.
La Fede la mattina va sempre a correre, con un sacco di vestiti addosso perché così si dimagrisce più in fretta.

La Fede è una di quelle persone che non si lamentano mai, e quando qualcosa va storto lei prende il telefono e te lo racconta, ma te lo racconta in un modo tale che dopo cinque minuti sia tu che lei state singhiozzando dalle risate.
La Fede ha fatto la maestra d'asilo per qualche anno e non è andata all'università. Lei è una di quelle persone con cui tutti noi studentelli saccenti dovremmo avere a che fare, giusto per mettere a tacere l'idea che ci hanno inculcato in testa, che dopo aver fatto la muffa per cinque anni all'università allora siamo gente migliore.
Io di solito le persone le ascolto poco, perché spesso mi sembrano dei dischi rotti, ma quando La Fede mi dà un consiglio, mi accorgo subito che quella era proprio la cosa giusta da dire. Lei dice sempre qualcosa di inaspettato, e un po' cinico, e un po' stronzo e molto vero.
La Fede è una di quelle persone che per fortuna a volte le incontri, per fortuna ci sono loro a far riprendere qualche punto a 'sto mondo.
Io credo che lei sia davvero coraggiosa, perché non sa l'inglese, non ha un piano ben congegnato e ha lasciato a casa tante cose a cui tiene. Però è partita lo stesso e non sta mai lì a compiangersi.

Ieri La Fede ha avuto un colloquio di lavoro con un'altra famiglia, per badare ai loro tre bambini. Dopo il colloquio siamo andate a bere un caffè e mi ha raccontato com'era andata. Mentre stavo a sentire la storia, il proprietario del bar ci guardava un po' male, perché ridevamo così tanto che avremmo potuto sputacchiare tutto il caffè da un momento all'altro.
La storia è questa qui che adesso vi voglio raccontare:

La Fede aveva appuntamento con questa signora alle 4. Dovevano incontrarsi alla stazione del treno, perché lei non c'era mai stata in quel quartiere e non sapeva come raggiungere la casa. Alle 4, qui a Stoccolma, è già notte.
Alle 4 meno dieci la signora ha detto alla Fede che i suoi pargoli (di 4, 7 e 9 anni) non avevano voglia di uscire per andarle incontro e che lei avrebbe dovuto raggiungerli da sola. La Fede si è un po' persa, ma poi ha trovato la casa e li ha conosciuti. La signora le ha mostrato la villa a tre piani, il giardino con la piscina olimpionica, il salotto enorme e tutte le altre trenta stanze, compresa quella che avrebbe dovuto essere la sua camera da letto.
Poi la signora le ha offerto un the e hanno discusso i termini del contratto. La signora ha detto che non l'avrebbe pagata nemmeno un soldo perché, come paga, le offriva la possibilità di vivere nella camera da letto.
Alla Fede di solito non girano mai le palle, però lì per lì le sono proprio girate tanto, mi diceva. Di che cosa dovrebbe vivere lei, se non percepisce uno stipendio, mi diceva.
La Fede ha detto la stessa cosa a questa signora: "di che cosa dovrei vivere io, se lavoro e non mi paghi?"

La signora l'ha guardata stupita e le ha chiesto: "Ma scusa, tu non ce l'hai mica una famiglia che può mantenerti?"

La Fede ha pensato che questa signora è una gran stronza e che è anche parecchio stupida.
Io ho pensato le stesse identiche cose.
In quale galassia una ragazza lascia il suo paese, la famiglia, il fidanzato, gli amici, per andare a lavorare in una città in cui ci sono -20° e 6 ore di luce...senza essere pagata?? In quale posto nell'universo qualcuno dovrebbe pesare sui genitori e farsi mantenere per fare, nel frattempo, la ragazza alla pari??

Ammetto di avere forse dei pregiudizi nei confronti di una certa categoria di persone, ma quando sento dei racconti del genere, mi passa qualsiasi voglia di liberarmene! A voi che sposate dei ricconi e poi pensate di avere il mondo in mano, a voi che vi sentite già arrivati e credete di poter trattare così quelli che ancora ci stanno provando, a questa signora che dorme su un materasso di soldi ma non ritiene opportuno pagare i dipendenti che assume, beh, voi mi fate schifo. Volevo solo dirlo.

Per fortuna La Fede ha detto qualche parolaccia e si è fatta quattro grasse risate, perché lei è così, e vale molto più dei loro soldi, delle loro macchine di lusso e delle loro piscine olimpioniche in giardino.


martedì 5 novembre 2013

Black out

Questo nuovo post arriva in un mix speciale di positività.
Sono sarcastica, lo dico da subito.
Mi sembra poco fine iniziare a scrivere un blog e rimanere incastrata nel silenzio dopo soltanto un paio di settimane, ma la verità è che in questi giorni mi sembra parecchio faticoso guardarmi attorno e vedere qualcosa che possa diventare parole. Parole da condividere, parole di cui sorridere, e parole proprio, parole da ficcare nei mille elaborati che devo scrivere durante questo periodo di esami.
Però mi sembra di avere un qualche tipo di responsabilità verso questo mio progetto, quindi ritengo opportuno rimboccarmi le maniche e trasmettervi almeno un po' del non-entusiasmo che popola queste mie giornate :)

Cinque giorni fa è arrivato novembre. 
Se fossi in Italia non me ne potrebbe fregare di meno, ma qui sembrano prendere questa faccenda molto sul serio. Le facce degli svedesi sono passate in modalità inverno e temo anche la mia. L'anno scorso mi facevano ridere questi tizi che camminavano in giro con l'aria di avere delle pistole puntate alla tempia per il semplice fatto che le giornate si stavano accorciando, però devo ammettere che negli ultimi giorni, da quando l'ora è cambiata, anche io mi sento un po' come se mi avessero segato le gambe.
In realtà ho una mezza idea che la causa di tanta spossatezza non sia, soltanto, una rinnovata empatia nei confronti di un popolo che si rattrista per l'arrivo del gelo. Ho una mezza idea che riguardi questa montagna di cose che devo sbrigare prossimamente e della quale non vedo la cima.
Vorrei solo elencare alcuni punti che ho notato oggi, proprio mentre me ne stavo seduta, ancora, di fronte al computer, a picchiare sulla tastiera parole che sembravano uscire dalle mani, invece che dalla mente. Non aspettatevi osservazioni utili per l'umanità, si tratta più che altro di un promemoria per il mio cervello un po' in letargo:
- ho finito praticamente tutti i beni di primo consumo necessari alla sopravvivenza. Non c'è latte, né pane, né uova. Non c'è il pesto per la pasta e ho perfino finito lo shampoo (chi mi conosce comprenderà lo stato di emergenza in cui mi trovo).
- ho esaurito un'altra cosa che temo si possa includere nella categoria cose basic per non morire: i calzini puliti. Ho prenotato la lavatrice e ho dimenticato di andare a farla, così ora vegeto e metto le calze, sotto i jeans, che cadono, e io divento (ancora di più) nervosa.
Devo (DEVO) pulire la cucina di questo studentato, ma non ne ho il tempo, e quotidianamente rimango stupita di come il mio limite di sporco tollerabile continui a slittare un po' più in là.

Insomma, ho aggiornato il blog, come impongono le regole di questa giungla telematica che è internet. Però credo di non averlo fatto con lo spirito giusto, quindi chiedo perdono :) 
Si tratta soltanto di un black out temporaneo, a breve scalerò la mia montagna di lavoro da fare, mi tingerò i capelli di rosso e verrà la neve. 
Quando verrà la neve ci lanceremo palle di neve, ci lamenteremo del freddo di fronte ad un bel bicchiere di Glögg (leggete vin brulè, se non siete veneti leggete vino caldo) e pattineremo sul ghiaccio in Kungstädgården, che non sarà rosa di fiori di ciliegio come in primavera, ma sarà bellissima, con le luci di Natale, esattamente come dev'essere una piazza a dicembre.

Intanto mi infilo nel letto e vi lascio la colonna sonora giusta per il mio umore che fa su e giù, per queste giornate, per questo mese. 

"There's an old voice in my head
that's holding me back
Well, tell her that I miss our little talks."

lunedì 28 ottobre 2013

Inefficiente e impresentabile!

Stasera sono rimasta fino alle sette all'università ad aspettare una lezione che non c'era. Poi mi sono resa conto che l'avevano anche scritto, nell'orario, "Ingen undervisning", ma io non sono una di quelle che leggono l'orario. Essere organizzati mi sembra poco hippy. Oppure sono solo un po' rimbambita, dipende un po' da come la si vuole vedere.
Fatto sta che alle sette sono uscita dall'università e diluviava. Avevo una borsa di tela con dentro i libri, un'altra borsa con dentro il computer e NON avevo l'ombrello. Ovvio, la giacca senza cappuccio e le scarpe di tela. Nemmeno a farlo apposta si può ottenere una tale combinazione di accessori INadatti alla pioggia.
C'è un quarto d'ora di strada a piedi dall'università fino a casa. Ho preso i libri, li ho infilati sotto al cappotto e mi sono avviata sotto al diluvio universale prendendola anche (circa, abbastanza, più o meno) con filosofia. Quando ho messo piede in camera gocciolavo io, gocciolavano i miei vestiti e le mie borse.

Mi sono spogliata, asciugata e cambiata. Ho indossato questo pigiama di pile tremendo, a quadrettini azzurro slavato, con qualche buco qua e là e ho cominciato a vegetare di fronte al computer. Vegetare forse non è la parola giusta visto che in realtà mi sentivo molto multitasking: controllavo l'e-mail mentre aprivo Facebook mentre parlavo in Skype e cercavo di scrivere uno di quegli assignment che proprio non si vogliono scrivere. "Eh, grazie tante che non si vuole scrivere!" direte voi. Oh, c'avete ragione! 
Comunque, ad un certo punto mi è venuta fame, proprio fame, fame famissima. Ho fatto un riepilogo mentale di quel che avevo in dispensa e ho deciso di andare in cucina per friggere i cinque bastoncini Findus che soffrivano di solitudine nel mio freezer. 
Ho avuto un attimo di esitazione riguardo al mio look (l'orribile pigiama di pile troppo corto), però poi ho ripensato alla fauna che popola il piano dello studentato in cui vivo e mi son detta chissene! Ho preso e sono andata a cucinare, con le ciabatte fuxia dell'Ikea anche!

Stavo lì a friggere i bastoncini, bruttissima e molto in pace con me stessa quando si apre la porta della cucina ed entra questo pezzo di svedese, una specie di Raul Bova nordico. Mi guarda, si presenta e mi dice di essersi appena trasferito qui. Ah..
Tatatatàà! Io lo guardo, getto uno sguardo alle mie caviglie scoperte, calcolo in tempo zero come potrei trasformare il mio pigiama in un qualcosa di guardabile, sempre in tempo zero realizzo che non c'è nulla da fare e gli dico "Ciao, io mi chiamo Nicoletta, sono italiana e di solito mi vesto".
Porcaccia la miseriaccia,  me ne sono tornata in camera con la coda tra i pantaloni a quadretti e i miei cinque bastoncini Findus nel piatto. 

Ora, un paio di appunti sulla faccenda:
1- i bastoncini in realtà non erano Findus perché di certo costano troppo.
2- nonostante la mia vita sentimentale proceda serena, essere beccate da uno sconosciuto conciate così fa proprio brutto.
3- (nota per le single) ebbene sì! Un tizio che rassomiglia ad un adone lo potete trovare anche nella vostra cucina quando meno ve lo aspettate. L'avreste mai detto?? 
4- Quando fuori fa freddo ed è nuvoloso portatevi un ombrello! Non fate come me, lavarsi del tutto sotto la pioggia gelida è una schifezza!


mercoledì 23 ottobre 2013

From Sweden with love :)

Iniziare è sempre la parte più difficile.
Nel senso che io, prima di iniziare qualsiasi cosa, ci metto un'eternità a decidermi o a convincermi. Poi quando salto allora il grosso è fatto.
Non parlo mica di grandi cose eh, è così proprio con tutto. Quando ho scritto la tesi mi ci sono voluti quattro mesi, tre dei quali li ho passati a fissare il muro. Quando ho deciso di cucinare i muffin, un paio di settimane fa, ci ho messo quasi dieci giorni a comprare tutti gli ingredienti perché non ero sicura di volermi fare il mazzo (sai che gran mazzo poi..) a cucinare qualcosa che, dopotutto, avrei potuto comprare già pronto.
Poi ho visto il prezzo dei muffin e ho cambiato idea. Li ho fatti, tre volte in due giorni.
Questo per dire che l'idea di scrivere un blog è in cantiere da un bel po'. Però non ne ero sicura, o meglio, ero dubbiosa riguardo ad alcune questioni. Per esempio, ha senso accodarsi alla schiera di gente che scrive aria fritta nel web? Ho qualcosa da dire? C'è qualcosa della mia vita che può interessare qualcun altro? 

Insomma, mi sono fatta mille domande e la risposta non era mai abbastanza soddisfacente da permettermi di sedermi qui e scrivere un po' quel che mi passava per la testa. Il fatto è che scrivere è un po' come dire "ok, guardatemi!" e mica si può aspettarsi solo di piacere. Magari qualcuno ti urla indietro "oh ma sei sfigata!", e te che fai se poi non lo sai accettare?
Non importa, il succo è questo: scrivo perché voglio raccontarvi che succede quassù. 
Per chi non lo sapesse (ma soprattutto per chi già lo sa) un paio di mesi fa ho fatto armi e bagagli e me ne sono scappata qui in Svezia, a Stoccolma. Ci resterò per un paio d'anni, forse, o magari per una vita intera. 
Io sono contenta, le giornate sono piene e scivolano via, però mi mancano le mie persone. Così, su due piedi. Mi manca raccontare ai miei amici le piccole cose che mi colorano la giornata, le mie impressioni su quel che succede, mi manca prendere il telefono e incazzarmi perché le svedesi sono bionde e magre. Mi manca avere dei contatti umani con la mia vita di prima ecco. 

Per questo alla fine ho smesso di progettare e ho iniziato a scrivere. Con questo primo post ho iniziato a scrivere un blog che non ha regole e nemmeno una direzione precisa. Potrei definirlo un po' come un diario a puntate, una raccolta di impressioni, un vademecum dell'immigrato al Polo Nord. 
Insomma, chiamatelo come vi pare, però se vi andasse di tenervi aggiornati riguardo a quel che succede quassù... d'ora in avanti il posto giusto sarà questo qui. :)