domenica 23 febbraio 2014

Avventure linguistiche e metodi alternativi

Io quando andavo a scuola l'inglese non l'ho mai imparato. Vorrei dire che è andata così perché non ho avuto insegnanti competenti, oppure perché facevamo un sacco di esercitazioni ma non lo parlavamo mai... però la verità è che non me lo ricordo, perché io in classe ero troppo impegnata a fare a altro e a casa, invece di studiare, ero troppo impegnata a ri-fare altro.
Insomma, ad un certo punto ho avuto il mio primo vero contatto con la lingua inglese.
Ero in Corsica ed era il 2007. Mia cugina si era invaghita di un francese che non se la filava nemmeno di striscio e anzi, aveva una cotta per un'altra. Sebbene la faccenda si sarebbe poi rivelata profetica, lei all'epoca non si era ancora fatta le ossa, quindi scoperto l'altarino se n'era andata sconvolta. Drammi adolescenziali. Io lì, imbambolata di fronte al francese, realizzai di dovermi pronunciare in qualche modo per giustificare la situazione, così mi avventurai, senza remore, e in un battibaleno diedi sfoggio delle mie competenze linguistiche:

"Sorry, Giorgia is trist but you have a friend girl!" 

Quasi quasi potrei glossare l'enunciato, per tradurlo, come si fa nei papers. 
No non lo farò, ma vi basti sapere che intendevo dire "Mi dispiace, Giorgia è triste perché hai la ragazza." Vabbè, dai, vi ho visti scuotere la testa basiti, tranquilli io sto facendo lo stesso.
Dopo questo clash estivo contro la lingua inglese sono tornata tra i banchi, e ho continuato a non aprire un libro. A mia discolpa devo dire che da giovane ero piuttosto impegnata: avevo un sacco di libri da leggere ed ero convinta che sprecare il mio tempo facendo altro fosse una grossa colpa. Inoltre avevo il mio bel da fare a fidanzarmi, sfidanzarmi, deprimermi e spararmi De Andrè e Guccini per ore ed ore, alimentando i miei ideali di piccola anarchica.

Ad un certo punto ho iniziato l'Università, ed ho avuto modo di allargare i miei orizzonti musicali e, di conseguenza, linguistici. Sì, perché alla fine io l'inglese l'ho imparato così e dopotutto l'ho imparato abbastanza bene. Ore ed ore in Youtube ad ascoltare canzoni con l'opzione "lyrics", a tradurre i testi e a cantarli a squarciagola in macchina.
Così un po' alla volta ho smesso di essere soltanto una 'mangia-libri' e mi sono trasformata anche in una 'mangia-musica': dai Queen a Cat Stevens, da Paolo Nutini ai Dire Straits, dagli Alterbridge fino agli Oasis ho tradotto, tradotto e tradotto come una pazza.
Certo, la via verso l'inglese è stata lunga, torbida e a volte, in nome del mio progresso linguistico, ho davvero toccato il fondo. Ammetto con rammarico di aver tradotto persino Taylor Swift o gli One Direction, ma sono stati momenti bui, lasciamoli stare.

Insomma, l'inglese, tra una cosa e l'altra, di canzone in canzone, l'ho imparato.
Però non basta e adesso tocca imparare lo svedese. 
L'altra mattina me ne stavo lì a letto a fissare il soffitto e ho avuto l'illuminazione: perché non usare lo stesso metodo?!? Dopotutto, squadra che vince non si cambia!
Allora mi sono alzata, ho spostato con una gomitata il libro che avrei dovuto studiare, ho acceso il computer e mi sono messa a praticare la mia attività preferita: il googleraggio sfrenato. Insomma, nel giro di una mezz'oretta avevo googlato tutte le combinazioni possibili: "canzoni in svedese facili", "canzoni per imparare lo svedese", "svedese semplice canzone", "svedese-perchè-cazzo-non-sono-nata-imparata", "svedese voglio saperlo ma non ho voglia di studiare canzone testo facile". Insomma tutto.

Fatto sta che questo lungo (lungo...la fiera degli eufemismi eh?) intro serviva a giustificare i risultati della mia ricerca, risultati che vi posterò qui di seguito e riguardo i quali mi sento in dovere di dire un paio di cose.
Intanto ascoltatevi queste hits in svedese, poi ne riparliamo.









Insomma, ci siete ancora? Le avete ascoltate? Mi auguro di no, o almeno non fino alla fine! Ok, i titoli di queste canzoni, tradotti in italiano, sono i seguenti:
- "Il primo giorno di primavera";
- "L'estate è corta";
- "Estate in Svezia";
- "Una sera di Giugno".

Davvero, io non le ho scelte apposta. Ho googlato e ri-googlato, ma l'assortimento di temi per quanto riguarda il pop svedese sembra essere davvero limitato. Estate, sole, l'estate dura poco, a noi ci piace l'estate, a noi l'estate ci piace proprio tanto e, per finire, quando arriva l'estate???
Insomma, me ne sono andata in cucina a fare colazione un po' avvilita. 
Ora, io capisco che l'estate, per gli svedesi, sia un po' come la gita a Gardaland per noi italiani, ossia una cosa super figa che però dura un solo giorno all'anno. Lo capisco, davvero. Però io così lo svedese come lo imparo?
Ok, adesso so dire 'Giugno', so dire 'estate', so dire 'fiori', 'ballare sull'erba a piedi scalzi' e 'costume da bagno'. 
Però, se qualcuno viene a chiedermi che cosa faccio durante le prossime vacanze di Natale, quando fuori nevica e ci sono -20 gradi, io come gli devo rispondere?

Devo dirgli che me ne starò in costume a raccogliere fiori sotto il sole? 
No,certo. Mi sa che alla fine gli risponderò in inglese, dopotutto uno o studia, o fa fuoco con la legna che c'ha.

domenica 2 febbraio 2014

Sì, sono stata pickpocket-tata!

È proprio il caso di dirlo: trasferirsi all'estero ti porta a provare una marea di cose nuove, a vivere un sacco di esperienze elettrizzanti che non potrebbero mai capitare nel buco di paese da cui provengo. Per esempio ieri sono stata così fortunata da sperimentare qualcosa di davvero innovativo ed emozionante come...venire derubata!

Ebbene sì, nella super-sicura, super-civile e super-controllata capitale svedese, sono stata scippata. Qualcuno ha aperto la mia borsa e ha sfilato via il mio portafogli senza che me ne accorgessi.
Inutile dire che nel beneamato portafogli giallo limone c'era tutto quello che serve per sopravvivere in una società civilizzata: soldi (troppi soldi), carte di credito, tessera della metropolitana, patente, carta d'identità, tessera sanitaria, badge dell'Università di Stoccolma, nonché il mio vecchio badge dell'Università di Padova, che mi consentiva ripetuti sconti-studenti abusivi al cinema durante i miei periodi di permanenza in Italia.
Non so se l'intera faccenda si possa definire un concentrato di sfiga o un concentrato di idiozia, probabilmente entrambi.
Sfiga perché dai, facendo quattro calcoli, ho vissuto in questa città per un anno ormai. Essendo io barbona inside, per la metà del tempo me ne vado in giro senza una lira, pagando perfino il caffè con la carta di credito perché nello scomparto contanti del portafogli c'è sempre il deserto. 
Per questo weekend avevamo organizzato una gita fuori porta ad Helsinki e, appena prima della partenza, penso bene di prelevare. Di prelevare un sacco di soldi. Ma perché? Perché?
Col mio bel bottino in borsa mi avvio a prendere l'autobus verso il porto, ma non senza fare tappa al McDonald's, certo che no! "Ristorante" super affollato, sabato pomeriggio, valigie, borse, noi compriamo i cheeseburgers, paghiamo, ce ne andiamo, cerco la tessera dei trasporti per salire nell'autobus ed ecco che la borsa è aperta e del portafoglio nemmeno l'ombra. Yeah!
Ora io dico, non potevano rubarlo due giorni prima? Non ci sarebbe stata una lira dentro (anzi un euro, anzi una corona)! E poi dico, che cosa mi ha fatto pensare che prelevare un sacco di soldi prima di andare in vacanza fosse una mossa saggia? Certe volte veramente, come dicono le mie amiche, non si capisce come mi abbiano dato una laurea!
Insomma, morale della favola: il weekend ad Helsinki si è trasformato in un weekend alla centrale di polizia, i miei documenti sono scomparsi e io da brava furbona non li avevo nemmeno fotocopiati prima, giovedì dovrei partire per la Polonia, ma utilizzo il condizionale, dato che Ryanair non è certo famosa per lasciar imbarcare i passeggeri sprovvisti di documenti.
Evviva! Che disastro. 
Che cosa posso dire? Sono basita di fronte a tanta sfiga e inoltre continuo a pensare a tutto quello che avrei potuto comperare con le belle banconote che riposavano nel mio portafogli.
Vi sembra un pensiero materialista, poco costruttivo e inutile? Non me ne importa. Vorrei solo aver comperato qualcosa di bellissimo e costosissimo, invece l'unica cosa che comprerò da oggi fino al duemilamai, sarà un portafoglio in fintapelle plastico-pelle di H&M, in completa linea con la moda polare!

È bello vivere all'estero, si provano un sacco di nuove esperienze.
È bello vivere all'estero. Un po' più bello quando si hanno dei documenti, ma alla fine dai, va bene lo stesso.

Per chi avesse quattro minuti da perdere, qui di seguito tento di sublimare la sfiga nell'arte. Eccovi un significativo estratto del film francese "Pickpocket". Anno 1959, regista Robert Bresson.